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Channel: TOCCARE LE IDEE
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EROTICA FUTURISTA 16: Contro il lusso femminile l'eleganza di Eros

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F.T. Marinetti, Contre le luxe féminin, 1920

Fare click sulle immagini per ingrandirle e leggere il manifesto

Nel marzo del 1920 Marinetti lancia il manifesto Contre le luxe féminin (Milan, Direction du Mouvement Futuriste, 11 Mars 1920) dove ripropone la sua concezione della sana brutalità in amore e la scarsa considerazione per la pederastia:

«Le mâle perd peu à peu le sens puissant de la chair féminine et la remplace par une vague sensibilité indécise et artificielle qui répond seulement à la soie, aux bijoux et au fourrures. Ils sont de plus en plus rares, les mâles capables de prendre une femme et d’en jouir sans se préoccuper du cadre et du contact des étoffes, des chatoiements et des souleurs. La femme nue ne plait guère. Les mâles se transforment en bijoutiers, parfumeurs, couturiers, modistes, repasseurs, brodeurs et péderastes».

Un'altra provocazione che ancora oggi scandalizza, al punto che di questo manifesto non si parla mai, per la preoccupazione di resuscitare un Marinetti fascistissimo che discrimina donne e gay.
Eppure il manifesto anticipava di un secolo la crisi del maschio di oggi, a metà fra il picchiatore e l'anaffettivo, entrambi incapaci di appagare una donna. L'omosessuale almeno con una donna è in grado di parlare, e anche di darle piacere se proprio è necessario.
Denunciava ipocrisia e aberrazione di giustificare il desiderio con l'amore e rivalutava la sessualità medievale, chiara semplice e diretta "Rosa fresca aulentissima..." (Cielo d'Alcamo, in realtà Ciullo con chiaro riferimento al coito e non Cielo, ma anche la storia letteraria è sessuofoba).

Come si fa a non accorgersi che quel lusso non era e non è niente di esteriore ma un aspetto della sensibilità di ciascuno? Che siamo tutti un po' sedotti dagli orpelli e dal trucco, e che la passione specialmente omosessuale per le acconciature, i profumi, la moda ecc. non è che una variante della femminilità comune a donne e uomini?
E tanto più oggi, in piena crisi economica mondiale, possiamo riflettere sul senso del lusso e dell'eleganza. Non c'è niente che possa incantare i sensi più di un corpo nudo che si muove con grazia, imperfetto e diverso da tutti gli altri, ricettacolo di una bellezza che va scoperta a poco a poco. Non c'è un vestito che possa competere in eleganza con la nudità, insieme mutevole di onde ombre sguardi sorrisi, quello che Marinetti chiamava "l'intelligence physique".

Dunque ora e sempre contro il lusso femminile per l'eleganza di Eros.



Calci e sputi e colpi di testa

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Paolo Sollier, Calci e sputi e colpi di testa
Milano, Gammalibri, 1976. Prima edizione
Una squadra che non c'è più.
Chi se lo ricorda il Perugia degli anni Settanta, quello di Ilario Castagner rognoso come un cagnaccio di strada e meraviglioso quando la palla arrivava a Vannini o a Novellino. Quando segnava perfino Sollier. Sollier il comunista. Che nemmeno lui sapeva come mai l'avevano preso coi piedi che mamma gli aveva fatto. Sollier il primo a salutare col pugno chiuso gli amici della curva: ne fecero un'icona della politica con la P maiuscola, trasgressione provocazione, ma era solo un saluto, in un'epoca in cui la politica era a sinistra un momento importante della vita quotidiana. Però forse non era solo un saluto, è vero. Era un modo per dire che la diversità è possibile.
Forse con quel gesto Sollier spiegava perché si incazzava se gli chiedevi l'autografo, che il calcio e i soldi non lo avevano cambiato,  che lui stordito, cane sciolto o militante era un compagno che cercava altri compagni per volersi bene e per capire di più. Perché allora si usava la parola "compagno", nello stesso senso in cui la usavano nel 1920 gli insubordinati che stavano a Fiume con D'Annunzio, che per la cronaca poi furono senz'altro fascisti.
E il suo libro racconta di quando parte da Vercelli e arriva a Perugia, delle donne amate con cui non riesce a vivere, degli amici e dei nemici, dei compagni di strada e di squadra e dei fascisti, di Bettega che faceva tanto il gradasso quella volta che i grifoni fecero fuori la Juventus uno a zero. Racconta il suo passaggio dai dubbi alla militanza, il problema di cosa fare dei soldi, e come usare la notorietà per fare politica. Dice anche del disagio del tifo e dell'imbecillità dei picchiatori, di un sistema in cui il business è il centro e per forza tutto il resto è secondario, ma anche cosa si potrebbe fare in alternativa, senza mai scadere in una troppo facile retorica, e che lo sport è un gioco e che il gioco è meraviglioso perché mette insieme gioia e dolore, fatica e leggerezza, ci restituisce al nostro corpo normalmente annichilito dalla convinzione d'essere portatori d'anime. Calci sputi e colpi di testa.

Lui, calciatore per caso come si era definito, in serie A ci starà solo un anno. Il successivò andrà a Rimini e poi in serie C e più giù. Quando smette nel 1985 prosegue nell'attività di giornalista e scrittore, allena anche, ma principalmente a livello dilettantistico. Leggo su Wikipedia che oggi Paolo Sollier allena l'
Osvaldo Soriano Football Club, la nazionale italiana degli scrittori (Alessandro Baricco centrocampista, Beppe Severgnini mediano, Carlo Lucarelli punta ecc.). Calciatore per caso ma anche per sempre.


Paolo Sollier, Calci e sputi e colpi di testa, Milano, Gammalibri, 1976. Prima edizione
Retro di copertina

EROTICA FUTURISTA 17: L'alcòva d'acciaio

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F.T. Marinetti
L'alcòva d'acciaio. Romanzo vissuto
Milano, Vitagliano, 1921. Prima edizione.
Sovraccopertina di Renzo Ventura
Nell'aprile 1921 Marinetti pubblica per Vitagliano L'alcòva d'acciaio, subito sequestrato a causa della sovraccopertina, una sensuale compenetrazione fra corpo femminile e macchina da guerra realizzata da Renzo Ventura, geniale e misconosciuto illustratore.
La censura sempre imbecille permise l'immissione in commercio del libro solo dopo la distruzione della sovraccopertina, motivo per cui oggi non la si trova mai. Il libro fu ristampato con lievi modifiche al testo da Mondadori nel 1927 e nel 1937.

E' un "romanzo vissuto", come dichiara il sottotitolo, e racconta l'esperienza degli ultimi mesi di guerra nel 1918, quando Marinetti era a capo della sua "74", un modello di autoblindata.
L'esperienza della guerra demistifica ogni intellettualismo:

"Sono preso dalla gioia di scoprire una nuova legge. Ben lontano dai Bergson seduti sulle cretine poltrone universitarie trovo nel momento più pericoloso di una battaglia la soluzione di molti problemi che i filosofi non potranno mai scoprire nei libri. Poiché la vita non si svela che alla vita. Il segreto amplesso del passato e del futuro nella stessa coscienza si rivela a coloro che tutto il passato hanno vissuto, sudato, pianto, baciato, morso e masticato e che vogliono fra le carezze o le gomitate della morte vivere, baciare, masticare e soffrire il loro futuro"
.

F.T. Marinetti, L'alcòva d'acciaio
Milano, Vitagliano, 1921. Prima edizione
Il libro senza sovraccopertina
Ritorna e si arricchisce di implicazioni l'idea dell'eros come piena manifestazione della vita perché nell'eros la morte, il piacere, la violenza e la tenerezza stanno fra loro in una relazione essenziale e indissolubile.
Così descrizioni di battaglie e gesti di ferocia si mescolano ad avventure galanti, amplessi, fantasie sado masochiste; patriottismo e anarchia trovano nel conflitto uguali ragioni, serate ed eventi futuristi accompagnano il progredire del conflitto; umanizzazione della macchina e meccanizzazione dell'umano sconvolgono il modo tradizionale di intendere il nostro rapporto con la natura, il tempo e lo spazio.

Romanzo vissuto quindi simultaneo, un racconto che scivola nel sogno, il sogno nel delirio, il delirio nell'analisi meticolosa e via di seguito in velocità, con un linguaggio diretto ed espressioni gergali di ogni parte d'Italia, rumori, suoni, parole in libertà. Romanzo erotico al più alto grado quando Marinetti a bordo della sua "74" consuma il suo amplesso con l'Italia. L'Italia che per lui era la gente meravigliosa che incontrava in trincea, negli ospedali, nei paesi distrutti dalle bombe, le ragazze che non si vergognavano di desiderare un uomo, la gente che da sempre divisa per mille tradizioni aveva in comune il genio della creatività.

E si capisce quanta impressione facesse quella copertina in cui l'Italia si offriva nuda a dire che solo il piacere muove il sole e le altre stelle, solo l'amore del corpo dà senso alle fantasie dello spirito, e non c'è ragione di biasimare una puttana che faccia con coscienza il suo lavoro.

Io non dipingo io vivo: Sarenco, le avanguardie e Pablo Echaurren

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L'Arengario S.B.
Totally Sarenco. Libri grafiche documenti 1963 - 2013
Edizioni dell'Arengario, 2013
A Bologna nel palazzo di Re Enzo, dal 19 al 22 di questo settembre c'è la mostra di libri antichi e rari in occasione di Artelibro. E' una manifestazione che coinvolge tutto il centro della città con conferenze, spettacoli, mostre ed eventi collaterali al cui centro ci sono i libri: nuovi antichi rari d'arte d'artista  e non.

Per la mostra abbiamo preparato un catalogo: Totally Sarenco.
Sarenco è il poeta di Vobarno (provincia di Brescia) che fra le altre cose insieme a Carrega, Miccini, Pignotti e pochi altri si è inventato la poesia visiva. Il catalogo descrive in ordine cronologico il percorso di una vita, un poeta che s'è fatto artista per intervalla insaniae, citando il suo amato Lucrezio.

Il nostro stand (il numero 30), l'ho progettato come una installazione al cui centro stanno un gruppo di sketchbooks - quaderni riempiti con disegni, collages, poesie, annotazioni di ogni genere, quotidiane, che Sarenco ha redatto fra il 2002 e il 2011. Il resto è una scelta di icone delle avanguardie internazionali da Marinetti fino all'ultimo Fluxus, che rappresentano maestri, amici, nemici o riferimenti, tracce di un percorso, che trovano in Sarenco un punto d'incontro o anche solamente una eco.
El Lissitzky - Hans Arp, Die Kunstismen [Gli ismi nell'arte], 1925
La prima summa dei movimenti d'avanguardia
design di El Lissitzky

Perché non è che uno si inventa le cose dal niente travolto da un impeto o da una idea che caschi da qualche iperuranio, a meno di non avere un culo pazzesco. Le opere, la poesia, sono il risultato di un lavoro del pensiero, un pensiero che si confronta con altri pensieri, uomini che si scambiano visioni affetti soldi sesso immagini parole, esaltazione speranza delusione ebrezza disperazione. Non capisci niente se non hai provato sulla tua pelle, se non ti sei deciso a prenderti in carico la vita, se almeno una volta non ti sei messo dalla parte di chi perde, lasciando a chi vince la soddisfazione di schiacciare gli altri.

Ecco perché se volessi dare un titolo a questa installazione sarebbe proprio una frase che ho trovato scritta su una pagina di Sarenco: «IO NON DIPINGO IO VIVO».
Per quale motivo vogliamo leggere tanti libri, visitare chiese e musei, guardare opere d'arte e d'architettura, ascoltare buona musica ecc.? Perché tutto questo serve a vivere meglio, aiuta a gustarci fino in fondo la brevità della vita. Se il mio destino fosse di non morire non mi importerebbe nulla della cultura. Forse il senso della cultura è aiutarci ad accettare la morte, il destino delle cose che finiscono. Dunque prima di tutto la vita. E' di questo che parlava Mallarmé col suo colpo di dadi, Marinetti con le sue dicotomie d'amore e morte, e dadaisti, costruttivisti surrealisti, i beat, il rock, i movimenti di rivolta, l'arte povera eccetera. Se un giorno non ci sarai più come fare a vivere? Non raccontiamoci scemenze, non cerchiamo di spiegare perché Piero Manzoni inscatolò escrementi: accogliamo pensieri e immagini, mettiamoli a confronto, assimiliamoceli: il cervello comincerà a funzionare a pieno ritmo e con piacere. A questo serve la poesia - e a cos'altro?

E per pura coincidenza proprio in questi giorni abbiamo pubblicato Il mio '77 di Pablo Echaurren: ecco un altro che fai fatica a definire artista, per il travisamento che quella parola porta con sé, più che mai oggi. Il suo '77 non è quello dei libri di storia. Non è qualcosa che ha cause ed effetti, da incastonare in un principio di ragion sufficiente o in un progetto salvifico. Pablo non ha niente da spiegare, racconta e basta. Tocca a noi pensarci su se ci sembra che ne valga la pena.

Erano rimasti trecento e più disegni dei mille e chi sa quanti fatti allora. E poi un pacchetto di documenti dell'Orsottantotto, la Casa del Desiderio, un po' di riviste e ritagli e un po' di libri. E tutte queste cose messe insieme tracciano le tappe della storia, sono la storia che parla un linguaggio diverso come l'immagine usata per la copertina, di cui ho già parlato in questo blog (http://touchingideas.blogspot.it/2013/02/il-77-in-tre-disegni-di-pablo.html). Una immagine che fa pensare e che nessuno storico ha mai capito da allora a ora. Perché il '77 fu liquidato così semplicemente come una cosa bella per la creatività e brutta per le P38 ma nessuno ha mai veramente voluto né chiedere né sapere come potessero allora convivere queste due cose. L'immagine lo dice e ritorniamo daccapo, ci sarà qualcuno che vorrà spiegare il recondito significato. Ma quale recondito che è esplicito? Ma non le senti le pallottole e le note di Chopin? Il sentiero interrotto, la parola incomprensibile. Solo che non lo puoi spiegare. Puoi solo accoglierlo nella mente, trovare rispondenza, forse, in qualche affetto. Puoi averne cura, certo, e diventare anche tu - che forse non c'eri allora in quelle storie -, parte di quella immagine.


EROTICA FUTURISTA 18: Tre razzi rossi

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Ruggero Vasari, Tre razzi rossi
Milano, Edizioni Futuriste di Poesia, 1921
Ruggero Vasari è un intellettuale siciliano che respira l'atmosfera cosmopolita dell'avanguardia fra Italia e Germania negli anni Venti e Trenta .
La sua rivista Futurismus, stampata a Berlino, sarà un ponte fondamentale fra le diverse culture che il nazismo definirà «degenerate», dall'espressionismo a dada, al futurismo, costruttivismo ecc.

La sua opera prima Tre razzi rossi (Milano, Edizioni Futuriste di Poesia, 1921, ma stampato a Torino a spese dell'autore) raccoglie tre sintesi teatrali con prefazione dell'amico Francesco Carrozza: Femmine (poi ribattezzata Ecce homo), Sentimento, e Anarchie (poi col titolo  Il Giustiziere), tutte ristampate due anni dopo nel volume La mascherata degli impotenti, illustrato da Enrico Prampolini. Se l'erotismo futurista si era espresso principalmente come critica del costume e provocazione, con Vasari si apre una prospettiva inedita, quella della diversità e delle cosiddette perversioni.

Enrico Prampolini, Ecce homo [Femmine]
Tavola tratta da: Ruggero Vasari, La mascherata degli impotenti, 1923
Il sesso gioioso e leggero, delizia dei sensi e felice al di là di ogni convenzione - ma nello stesso tempo assai tradizionale, non scindibile dal rapporto maschio / femmina e dai valori famigliari, cede il posto all'incubo: l'individuo è attraversato da passioni che lo disgregano, la ragione dei suoi desideri e del suo piacere è riposta in un destino estraneo e imperscrutabile. Come in Sade, nessuno ha potere sul proprio sentire e sui propri gusti, e non fa molta differenza che questa estraneità venga chiamata Fato, Natura o Dio. Sesso vissuto con timore e tremore tra santità e abominio, è il vizio assurdo che non ha rimedio, senza di cui nonostante tutto non si può vivere.

Così nella prima sintesi Femmineè ritratto un uomo che ha rinunciato ad essere forte geniale e rispettato: divenuto ormai «spettro di un uomo intelligente», ha riposto la sua causa nella puttana adorata, quella che passando per strada con un altro amante gli sputa in faccia. Quello sputo gli è prezioso e caro infinitamente, è un altro modo di farla sua: il piacere di essere disprezzato e deriso da lei è la catena con cui la tiene avvinta: perfetto masochista senza latex e frustini, non gli interessa il corpo ma quel che nell'eros è intangibile e sempre in fuga. Due lucciole che lo osservano commentano: per una è un'idiota, per l'altra un superuomo, e
cce homo, che fu appunto il titolo rinnovato.

Enrico Prampolini, Sentimento
Tavola tratta da: Ruggero Vasari, La mascherata degli impotenti, 1923

Nella seconda sintesi, Sentimento, ci sono Lei, Lui e l'Altro. Lui tormenta Lei, in preda alla paranoia di tutto possedere: non gli basta avere ottenuto senza riserve quello che Lei poteva concedere al suo piacere, vuole altro ancora, quello che in lei è più intimo, ignoto agli altri e forse a lei stessa, quell'Altro che resta nell'ombra come il più temibile dei rivali. Fino a quando ci sarà l'Altro non sarà possibile il perfetto piacere. L'Altro è il limite oltre il quale c'è il sentire nella sua purezza e immediatezza, esente da colpe e rimorsi. Quando l'Altro, «pallido, bello», entra nella stanza, lei lo pugnala al cuore travolta dall'esaltazione - e dalla morte che ha saputo infliggere viene la nuova vita di quello che in lei è autentico: è finalmente libera dal sentimento che la imprigionava in una rete di rispetto, dolcezza, mansuetudine, e può finalmente offrire a Lui quel che chiedeva ma forse non si aspettava: tutta la sua crudeltà e la sua determinazione, la spietatezza con cui d'ora in avanti perseguirà il proprio piacere.

Enrico Prampolini, Il Giustiziere [Anarchie]
Tavola tratta da: Ruggero Vasari, La mascherata degli impotenti, 1923
Infine un incubo dove incesto e amore saffico si mescolano all'ira del Padre. Una madre innamorata della figlia la vuole preservare dal mondo dei maschi, tronfi nella loro prepotenza e nella loro volgarità che niente sa della tenerezza e dell'universo femminile. Ne è innamorata e gelosa al punto che le fa odiare il padre, felice del suo peccato «orrendo ma magnifico». Ma la realtà irrompe una notte con la figlia che tornando da una festa le confessa di essersi data con piena soddisfazione a un uomo. Ora ricusa e le rinfaccia ogni carezza ricevuta, le dice chiaramente che non si sente in colpa per averla tradita e vuole votarsi alla prostituzione, perché «senza sangue, senza prostituzione il mondo muore». Entra in scena anche il padre, il Giustiziere appunto, che mette tutto in ordine: strangola la madre con l'inoppugnabile ragione che non si può togliere la libertà ai figli e saluta la figlia che se ne va verso un futuro chi sa se radioso, con la certezza che il Fato (la Natura o Dio) incomba sulla vita lasciandoci solo l'illusione della libertà.

Il titolo Anarchie verrà cambiato nel 1923 nel più rassicurante Il Giustiziere, m
a Anarchie rimane per me il titolo che dà la chiave di questa opera e dell'intera produzione letteraria di Vasari: fato e libertà sono aspetti di un medesimo caos dove tutto è possibile, dove niente è deciso, e in cui poter vivere è l'unica salvazione.

Ruggero Vasari a Berlino, Galerie Flechtein, 1934
Vernice della mostra degli aeropittori italiani

EROTICA FUTURISTA 19: La prima bestemmia a stampa nella storia della letteratura italiana

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F.T. Marinetti, Gli amori futuristi, Cremona, Ghelfi, 1922
Prima edizione, con la prima versione della copertina
Nell'autunno del 1922 Marinetti pubblica Gli Amori Futuristi. Programmi di vita con varianti a scelta (Cremona, Casa Editrice Ghelfi).
Se ne conoscono tre differenti versioni della copertina: la prima con un ritratto fotografico di Marinetti, le altre due senza immagine ma con titoli inquadrati in una cornice di due filetti in nero e rosso. Una di esse reca il sottotitolo «Romanzo», errato, e disconosciuto da Marinetti. Errato e disconosciuto perché questo non è affatto un romanzo e nemmeno una normale raccolta di racconti ma un modo nuovo di raccontare storie:


Tutte le forme di romanzo e di novella rimpiangono ciò che fu. Da Omero a D’Annunzio tutta la letteratura può ridursi a questo ritmo di racconto sconsolato: C’era una volta... Noi vogliamo invece una letteratura che dica al lettore: infischiati di ciò che fu! Ciò che fu ha sempre torto! Colla mia solita fecondità inesauribile e geniale io invento un nuovo genere letterario, un nuovo divertimento spirituale: il Programma di Vita, proposta allegra, multiforme, drammatica e balzante di fatti da compiere, di emozioni da provare e di spasimi da godere giocondamente con una centuplicata fede nella bellezza della vita” (pp. 5-6)”.


E così i racconti non hanno un finale ma molti e diversi, ciascuno poi potrebbe scriversene uno da sé, niente è stabilito tutto è possibile.

F.T. Marinetti, Gli amori futuristi, Cremona, Ghelfi, 1922
Prima edizione, terza versione della copertina
A questa innovazione della scrittura non ne corrisponde altrettanta nell'eros: a parte una scena d’amore con animali non sembra esserci altro di destabilizzante e Marinetti prosegue sulla strada dell’erotismo ottimista ed espressione di vitalità, tanto più coerentemente quanto più affronta e utilizza anziché evitare le risorse del macabro e il pensiero della morte, sempre attento a fustigare l'ipocrisia ma ben arroccato sul sesso come essenziale e naturale completamento dell'unità famigliare.
Forse a causa di questa posizione apparentemente rassicurante viene lasciata passare la provocazione più incredibile per l'Italia cattolica e perbene: la prima bestemmia a stampa nella storia della letteratura italiana.
La troviamo a pagina 108 nel racconto macabro La carne congelata, come una perla tra le altre parole, in bella evidenza. Quando l'ho vista la prima volta non ci credevo. Nessuno sembra ne scrisse né allora né ora, nemmeno la censura. D'altra parte la bestemmia fa parte della vita quotidiana in ogni tempo e luogo, è il corrispettivo del duro lavoro, della sfiga che ci vede benissimo al contrario della fortuna e di tante situazioni che ci obbligano a vivere una vita che non è la nostra: l'ira dei titani contro l'Olimpo, la maledizione delle regioni oscure, dell'inferno e degli emarginati contro la terra dei beati e la luce del sole.
F.T. Marinetti, Gli amori futuristi, Cremona, Ghelfi, 1922
pag. 108: la prima bestemmia a stampa nella storia dellaletteratura italiana


F.T. Marinetti, Novelle con le labbra tinte, Milano, Mondadori, 1930
Copertina di Giulio Cisari


Anche questo è un aspetto dell'erotismo, dove protagonista è l'essere nudo, così com'è del corpo e dei fatti, delle storie: verità e libertà forse sta tutto qui l'eros marinettiano.

Nel febbraio del 1930 Marinetti ristamperà 24 di questi racconti, insieme ad altri successivamente pubblicati, nella raccolta Novelle colle labbra tinte (Milano, Mondadori): La carne congelata, il racconto blasfemo, diventa Come si nutriva l'Ardito e della bestemmia non resta traccia, fu debitamente cancellata: Marinetti era diventato Accademico d'Italia nel 1929, è comprensibile che tirasse un po' il fiato, aveva già fatto parecchio e ancora c'era da fare.

SIGNED UNSIGNED Artissima 2013

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Dall'8 al 10 novembre saremo a Torino ad Artissima - sezione «Back to the Future» stand 1L. Trovate tutte le informazioni nella nostra pagina:

http://www.arengario.it/mostre/torino-artissima/index-artissima.htm.
La piccola mostra che allestiremo si intitola «Signed Unsigned»: libri d'artisti, disegni, fotografie, poster e documenti originali dal 1960 al 1999. Questo il catalogo:
http://www.arengario.it/mostre/torino-artissima/2013-artissima-catalogo.pdf

Firmato e/o no che vuol dire. «Sign» è firma ma anche segno, traccia. A volte la firma non occore talmente l'oggetto ha l'impronta del suo creatore, altre volte la firma è la cosa stessa, altre ancora la cosa è lì solo per poter svanire.

Dagli anni Sessanta in poi il libro, la foto, il testo e le immagini a stampa sono stati strumenti indispensabili della creatività alternativa al consumismo: in fondo si è andata realizzando l'idea futurista della sintesi delle arti e della ricostruzione dell'universo: il libro è il luogo ideale di un progetto, nel libro come in un quaderno di appunti è possibile abbozzare le infinite possibilità delle idee senza bisogno di sponsor, finanziamenti e piani regolatori.


Firmata e/o non firmata, tracciata e/o stracciata l'opera suggerisce alternative ai modelli di vita e di conoscenza imposti dal consumo, a cominciare da se stessa come merce: vale di più con firma o senza firma? Il quanto dipende da cosa di te ci hai messo. Senza i tuoi peccati parole opere omissioni che valore vuoi che abbia? Signed Unsigned.


Dal mio Museo Archeoideologico: Gaznevada una storia bolognese

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Gaznevada, musicassetta originale, Bologna, Harpo's Music, 1979

La storia comincia a Bologna durante il convegno contro la repressione del settembre 1977, quando un gruppo denominato Centro d'Urlo Metropolitano pubblica per l'occasione su una cassetta collettiva la canzone Mamma dammi la benza. Ma tutto era nato alla fine del 1976 nella casa occupata di via Clavature al numero 20: la Traumfabrik, come la battezzò Filippo Scozzari il fumettaro. Una casa che i sogni li fabbricava davvero, dove si davano appuntamento disegnatori, musicisti, fotografi, video maker, in una miscela esplosiva di politica arte stili di vita alternativi.

Alessandro Raffini (Sandy Banana poi Billy Blade) suona il sax, Gianpietro Huber (Johnny Tramonta poi Hal Capra) il basso, Marco Dondini (Bat Matic) la batteria, Giorgio Lavagna (Andy Droid poi Andrew Nevada) è il cantante solista, Ciro Pagano (E. Robert Squibb) alla chitarra e Gianluca Galliani (Nico Gamma) alle tastiere. I primi a criticarli sono i compagni della sinistra sia istituzionale che non, perché i compagni non possono vestirsi da fascisti, non possono suonare per suonare, ridere ed essere fini a se stessi, ci vuole una causa il popolo il partito la mamma il porco di Dio.
Il nome del gruppo lo cambiano due mesi dopo, nel novembre del 1977, ispirandosi al titolo di un racconto di Raymond Chandler, Nevada Gas, durante un viaggio a Londra di Dondini, Galliani, Lavagna e altri sballati della Traumfabrik.

Il clima è ben descritto in questa intervista agli Skiantos:

"- Freak Antoni: «Noi suonavamo male, questo sì. Però, dato che ci piaceva suonare, abbiamo cominciato a teorizzare che suonare bene non è tanto importante, e quel che conta è godersela, senza problemi di tecnica o di studio. E allora facevamo queste cose sbagliate, tutte fuori tempo, senza tecnica, ma divertenti. Giullareschi. E così ci siamo immaginati un vero gruppo di scarafoni, di gente che andasse lì, a pestare sulla batteria, a pestare sulle chitarre, sempre con quest'ottica di pestare senza inibizioni; che si presentasse sul palco dicendo al pubblico: 'noi siamo cialtroni quanto voi, anzi molto più cialtroni di voi; quello che noi sappiamo fare sapete farlo anche voi. Se non. volete farlo, e volete stare di sotto a sentire, sono fatti vostri: noi andiamo avanti».
- Jimmy Bellafronte: «È una cosa importante, ci faceva godere l'idea di tirare nel nostro casino un pubblico ufficiale, quindicimila persone. Quelli che vanno a vedere Emerson Lake & Palmer, Guccini, per dire, e che si trovino di fronte questo sconvolgimento totale: secondo noi non potevano fare a meno di sentire il fascino della cosa. »

Gaznevada, musicassetta originale, Bologna, Harpo's Music, 1979
- Freak Antoni: «Tutto quello che facciamo è preparare una scaletta dei testi. Di solito noi scriviamo prima il testo, e poi ci imbastiamo su una musica; in qualche modo ce l'impariamo, poi quando andiamo sul palco, succede quel che succede. Dipende dalla serata, dal pubblico, dall'occasione...
- Leo Tormento Pestoduro: «Comunque, gli Skiantos si sono fatti notare perché facevano casino, perché erano pazzeschi, perché erano imbecilli, perché erano tutto. Il discorso degli Skiantos, dopo tutto, è un discorso di spettacolo più che di musica. In origine questo non era nelle intenzioni, forse, però da quando ci sono entrato io, dopo i concerti di S. Donato, è stato così. Erano concerti importanti: la baracca, il casino, la voglia di esplodere, tutto questo nasceva in un contesto politico, di ironia, di sarcasmo che era saltato fuori. E di qui nascono gli Skiantos. Poi il discorso si è trasformato, quando siamo diventati più famosi, quando i mass media si sono impadroniti di noi, gli Skiantos sono diventati spettacolo e lo sono ancora. Adesso penso che faremo saltare fuori anche la musica. Una volta il discorso era quello della demenzialità pura, e quindi quello del casino. Adesso credo sia cambiato e abbiamo più voglia di uscire con la musica. Sappiamo però che siamo dei cialtroni, cioè che ci sono migliaia di altri gruppi con cui non possiamo competere. Ma non è una questione di tecnica, è una questione di feeling: quando Roberto suona la batteria, si vede che è un cialtrone, è allucinante, non ha la minima tecnica, ma si vede anche che è dentro questo viaggio».



- Freak Antoni: «Noi gli Skiantos li abbiamo sempre pensati con una immaginazione da bambini: i bambini dicono sempre 'facciamo come se...' Gli Skiantos fanno così, prendono un copione risaputo, che è quello del concerto rock, e lo incialtroniscono...»... Così è nata anche questa nostra fantasia di diventare ricchi e famosi, che era sempre un modo di giocare, da bimbi... Adesso vorrei farti una dichiarazione come Skiantos. Vorrei dirti che noi, o almeno io, non sappiamo in chi riconoscerci. Patti Smith, per esempio, mi sembra allucinante. Io ho avuto una grande emozione per il reggae, almeno come ritmo, ma tutta l'ideologia del legalize marihuana mi trova estraneo. Loro riscoprono se stessi, mentre noi di noi stessi ne abbiamo già abbastanza. Mi sento diverso, più cattivo, più metropolitano: per me Hailé Selassié è un cialtrone, e non la reincarnazione di Jah, come dicono loro. Per me il fatto che Patti Smith riscopra Rimbaud è un'operazione. Non me ne frega niente che lei sia una poetessa, non mi interessa che diventi una santa. Sento il bisogno che succeda qualcosa in cui possa riconoscermi» (intervista tratta da Paolo Bertrando, Bologna Rock, Milano, Edizioni re Nudo, 1980; pp. 32-37).

Questa storia si potrebbe chiudere col 2 aprile 1979, quando i Gaznevada parteciparono al Bologna Rock, il festival che al palasport vedeva sul palco i migliori gruppi punk rock e new wave bolognesi e non. Quello che venne dopo fu un'altra cosa, diversa come diversi furono gli anni che seguirono.

Ma meno di un mese prima del festival Oderso Rubini, che aveva registrato in precedenza una serie di brani suonati diverse volte dal vivo, produce il primo vero album dei Gaznevada, pubblicandolo su cassetta per la sua neonata Harpo's Bazar, che poi divenne Italian Records: la storia bolognese i suoni sporchi la demenza l'invenzione e l'insolenza (mamma dammi la benza) stanno tutte lì dentro.

Gaznevada, musicassetta originale, Bologna, Harpo's Music, 1979. Copertina e interno

Conservate e insieme nascoste, precluse a orecchie profane e a chi non ha memoria. Perché oggi non esistono più i mangianastri, nessuno può ascoltare musicassette: è il reperto di un'epoca salvato dai bidoni della spazzatura.
 

Ecco la versione originale di Mamma dammi la benza quella che sta nella cassetta e negli anni dopo non si sentì più così com'era:






EROTICA FUTURISTA 20: Vasari la donna la macchina

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Ruggero Vasari, La mascherata degli impotenti, Roma, Edizioni Noi, 1923
A destra disegno di Enrico Prampolini per la sintesi teatrale La mascherata degli impotenti

Ruggero Vasari pubblica nel 1923 La mascherata degli impotenti ed altre sintesi teatrali (Roma, Edizioni “Noi”, 1923), con bellissime xilografie di Enrico Prampolini. Tre sintesi sono originali - quella che dà il titolo alla raccolta, Barriera e Il figlio, le altre tre erano state pubblicate nel 1921 nella raccolta Tre razzi rossi (vedi in questo blog: http://touchingideas.blogspot.it/2013/09/erotica-futurista-18.html).

Ruggero Vasari, La mascherata degli impotenti, Roma, Edizioni Noi, 1923.
Disegno di Enrico Prampolini per la sintesi teatrale Il figlio
Impotenti che si mascherano sono gli artisti che sublimano l'appetito sessuale nella poesia: è un viaggio allucinante nella psiche: Silla e Tea artisti e amici vorrebbero semplicemente far l'amore ma ciascuno vede nell'altro molto di più che non un corpo. Vedono il padre e la madre l'eterno l'orrore la beatitudine: come si fa a prendere piacere l'uno dall'altro con tutti questi pensieri? Non c'è niente di più umano che non il desiderio e la curiosità per un altro corpo, per quella diversità e quel mondo a noi sempre ignoto che sono gli altri. L'artista, il geniale, è una aberrazione: non gli importa dell'altro ma solo ed esclusivamente dell'arte, cioè di se stesso: per creare deve distruggere la propria umanità, la sua relazione più autentica con gli altri.
Il sesso sano e consapevole di Marinetti irritava profondamente Vasari - e infatti Marinetti viene astiosamente nominato già nella prima pagina. Tutte le perversioni lo attraggono: incesto, sadomasochismo, necrofilia fino all'assassinio di un figlio neonato gettato dalla finestra in strada. E che quello fosse il figlio dell'ipocrisia e delle convenzioni non attenua la percezione di una profonda inquietudine: non saper stabilire relazioni autentiche.
Le immagini di Prampolini riflettono perfettamente quell'inquietudine: una per ciascuna sintesi, giocate sui vuoti e sui pieni del bianco e nero, sulle linee precise che tagliano il vuoto e lo ricompongono, delimitano il disordine, lo rendono percepibile ai sensi.
Ruggero Vasari, L'angoscia delle macchine, Torino, Rinascimento, 1925
Lo sviluppo necessario di questa inquietudine è il capolavoro che Vasari pubblicherà due anni dopo: L’angoscia delle macchine (Torino, Edizioni Rinascimento, 1925).

La sua prima rappresentazione fu un successo internazionale. Si svolse a Parigi, al Teatro Art et Action, il 27 aprile 1927. Vi avevano collaborato Vera Idelson per la scenografia, Silvio Mix per la musica, Margherita Van Leen alla regia, Edmond Autant e M.me Lara animatori.
La prima edizione a stampa esce nell'agosto 1925 col titolo L'Angoscia delle macchine. Sintesi tragica in tre tempi, sulla rivista torinese TEATRO Periodico di nuove commedie, Anno III n. 8, con belle illustrazioni delle scene disegnate da Vera Idelson e una introduzione di Gino Gori. Il libro uscirà il 15 novembre con lo stesso titolo e l'introduzione di Gori ma con l'inedita copertina di Pannaggi e un ritratto dell'autore di Gino Severini.
«E’ il più bel dramma che abbia dato il teatro futurista» aveva detto l'odiato Marinetti.

Un pianeta senza donne, perfettamente organizzato secondo leggi matematiche, dove le macchine vivono in simbiosi con gli uomini fa da sfondo al dramma. Ma le donne esiliate vogliono riconquistare il pianeta ed è sufficiente che la loro messaggera sia fatta prigioniera perché il protagonista Tonchir, allucinato ideatore di quel mondo perfetto, ne resti irretito. Tonchir deciderà di distruggere sé e il pianeta, sopraffatto dal sesso tanto temuto e il dramma si chiude con l’urlo disperato delle sirene e delle macchine morenti. Lo stesso tema verrà ripreso poi nel 1932 nel dramma Raun (vedi in questo blog: Le macchine morte di Raunhttp://touchingideas.blogspot.it/2012/09/le-macchine-morte-di-raun.html).

Trionfo dell'umanità sulla genialità metallica e maschile? O non piuttosto la voluttà di abbandonare estenuati dal resistere il proprio corpo al piacere di un altro?


EROTICA FUTURISTA 21: Marvana o della vanità d'amore

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Mario Carli, Marvana. Mistero d'amore, Milano, Alpes, 1927
Copertina di Ubaldo Cosimo Veneziani
Nel 1927 Mario Carli pubblica una riedizione del suo antiromanzo Retroscena(1915) riveduta e molto ampliata con il titolo di Marvana. Mistero d’amore (Milano, Alpes, 1927). Dandy, teppista, ardito, legionario fiumano, Carli aveva fatto e faceva della sua vita un romanzo: tanto più facilmente poteva permettersi di seppellire la letteratura insieme all’amore sentimental-borghese:

Fra poco di questo vecchio mondo sentimentale non ci sarà più nemmeno il ricordo, e solo qualche incancrenito professore di Università verrà a ficcare i suoi occhiali affumicati fra le macerie di questa rovina... Uomo dell’avvenire, io sono passato stasera distrattamente in questo avanzo di passato, e ho sentito il mio cuore stringersi di rammarico. Che forse tornerei a questi amori? No; è, credo, la pietà per tutto ciò che muore e che deve morire... Vecchie dame, stucchi sbiaditi, poltrone crollanti, fiori secchi... nell’uscire da questo salotto dove ormai le candele sono quasi tutte distrutte, posso ben concedervi un sospiro, uno solo, e andarmene poi, io uomo della rivoluzione, verso il fascino elettrico della nuova letteratura” (pp. 299-300).
(Su Mario Carli vedi anche, in questo blog: http://touchingideas.blogspot.it/2013/07/erotica-futurista-15-sii-brutale-amor.html).

Come il moribondo di Sade, sebbene meno serenamente, Consalvo vicino alla fine vuole svelare alle belle  e giovani amiche che lo assistono il senso della sua vita passata. Marvana, ovvero Maria-vana, è sua cugina. Vivono insieme infanzia e adolescenza fino a che si sposano. Che donna strana è lei, sempre cupa e tagliente, quasi mascolina nella sua indiscutibile bellezza - che mistero è l'intimità, quanto inspiegabili i trasalimenti le paure le beatitudini dei bambini - e pare che lo conosca così profondamente. Di lei a poco a poco Consalvo non può più fare a meno. Con lei viaggia in mondi inauditi dimenticandosi di sé e della realtà. Vivono entrambi una vita parallela e fluida, colorata e cangiante, lontano dalla realtà materiale e dalle stesse sensazioni, sospesi nel regno dell'immaginazione: chi se ne importa della quotidianità. Come haschish lei apre la sua mente e lo accompagna nel viaggio, non ci sono mete ma una continua scoperta di meraviglia in meraviglia. Eppure Consalvo vive con preoccupazione questo allontanamento dalla realtà, sente di essere dominato da Marvana anche se lei lo ama infinitamente e che la natura negata lo porterà alla follia. Cugina sorella amante moglie, quale ruolo è il suo? Nessuno di questi, nell'incanto spariscono le differenze. Viene il giorno in cui Consalvo reclama il diritto di amarla sul serio:
allora qualcosa si spezza, lei si ritrae addolorata fino ad ammalarsi. Lui la veglia ogni notte fino a quando lei comincia a migliorare e migliorando avviene il cambiamento: Marvana diventa all'improvviso dolce e arrendevole come lui la desiderava. E allora Consalvo si decide a prendere in pugno la situazione: o saranno sposi realmente o la lascerà. Lei cede, e dopo l'amore muore, lasciando a Consalvo il rimorso e una sola certezza:

"Il mondo dei sensi è l'unica cosa certa che conosciamo, ed è quella che realmente si perde morendo, poiché realmente la possediamo. I pensieri, i sogni, le fantasie, si disperdono, sono dimenticati: le sensazioni ci divorano" (pag. 138).

Mario Carli, Marvana. Mistero d'amore, Milano, Alpes, 1927
Immagini mentali

Questa è però la prima parte: segue un mosaico di testi in cui l'interpretazione del racconto si mescola a considerazioni letterarie, fantasie, analisi introspettive. C'è il tentativo di fare tabula rasa facendo emergere i contenuti nascosti dall'ipocrisia e dalla morale. Di fatto il romanzo viene disintegrato dall'interno mostrando meccanismi e relazioni che lo vincolano a una vita, quella dell'autore che ora ha cose più importanti da fare che non l'amore. Già: amore non ci arrecherebbe tanta gelosia e tanta disperazione se fosse per noi semplice gioia dei sensi, se non significasse altro e di più che non una felice comunicazione dei corpi.
Ed è da notare la copertina di Ubaldo Cosimo Veneziani che interpreta il testo così finemente e senza veli: la fiamma e l'albero non sono la fotografia meravigliosamente pornografica di una enorme, morbida e avvolgente vagina?


EROTICA FUTURISTA 22: L'uomo senza sesso

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Fillia, L'uomo senza sesso, 1927. Copertina di Ludovico Deamicis
Fillia ovvero Luigi Colombo fu l'animatore del futurismo a Torino negli anni Venti e Trenta. Pittore architetto grafico poeta era il prototipo dell'artista d'avanguardia. La sua produzione erotica si concentra fra il 1925 e il 1927: Lussuria radioelettrica, La morte della donna, L'ultimo sentimentale, L'uomo senza sesso sono i titoli prodotti in questo periodo. Erano previsti anche: Femmine in smoking, Quarta dimensione del cuore e Subcosciente, che non furono mai pubblicati.
Fra questi L'uomo senza sesso è il più dirompente: c'è tutto, il bel mondo la politica lo sport, l'industria - l'arte non è indispensabile.


Nina Sereni è la donna nuova libera dal moralismo e dalla condanna alla maternità, libera dai modelli imposti di eleganza, educazione e convenienza, libera dall'ossessione dell'uomo compagno di vita e dallo stesso femminismo modello altrettanto imbecille.
Se le piace qualcuno si offre, e lo molla quando ne è annoiata: per andare d'accordo con lei un uomo deve semplicemente essere quel che è, l'amore non è fatto di parole ma di carezze - la "tenerezza" fra marito e moglie che il Concilio Vaticano II negli anni Sessanta, superando i moralisti di tutte le risme, ritiene più indispensabile che non far figli. E' incredibile - ma in fondo neanche tanto - che la Chiesa sia oggi ancora maestra di erotismo: quel vocabolo "tenerezza" solo un idiota può scambiarlo col romantismo delle telenovelle.

Ma tornando a Fillia e alle sue donne, così veniva descritta la protagonista del suo L'ultimo sentimentale:

Aveva la magrezza spaventosa di una ballerina russa, l’elasticità fredda del maschio, tutta la modernità delle femmine nuove. Discuteva violentemente, con presunzione brutale, quasi metallica - l’abito sportivo ed il berretto di feltro non ricordavano della donna che qualche forma esteriore” (pag. 7).


Una donna così, se oggi esistesse, sarebbe considerata da tanti uomini e donne una lesbica un po' stronza: già, sebbene la società abbia prodotto tutti i presupposti materiali per una vita diversa, quelli morali sono ancora tutti da rivedere.


Fillia, L'uomo senza sesso, 1927. Design e impaginazione di Ludovico Deamicis

Sulla fascetta editoriale de La morte della donna stava scritto: "L'amore è una stupida limitazione dei sensi - una mancanza di sensualità". Così la sensualissima Nina passa con olimpica tranquillità, disfacendo diversi letti, da un salotto a una officina a una pista da corsa, sempre a proprio agio e padrona delle proprie scelte, felice secondo tutte le sfumature della vita dai baci alla guida di un bolide o alla dialettica hegeliana.

Poi molti critici chiacchierarono intorno alla sensibilità meccanica di Fillia, al divenire macchina dell'uomo eccetera. In realtà è proprio il contrario: umanizzazione della macchina. Liberi dall'ossessione del sesso faremmo l'amore più spesso e volentieri e ci godremmo la vita in tutti i suoi aspetti, compresi quelli intelligenti:

"L'ossessione del sesso che ancora grava su larghi strati dell'umanità era nettamente superata in quell'immenso rettangolo d'officina: maschi e femmine non si distinguevano più - il lavoro moderno à diminuito l'importanza della fatica e della resistenza fisica - è un lavoro di attenzione e di precisione - maschi e femmine, vestiti ugualmente di tuta e di calotta nera si confondevano. Vigilavano gli sportelli dei forni, distribuivano i pezzi dei materiali, passavano come macchine indipendenti tra le macchine fisse su rotaie o inchiodate al pavimento".

Dove è da notare fra l'altro quell'"à" voce del verbo avere - atavismo e non strafalcione -, recupero e reinvenzione del passato.


Quando la gara in automobile fu vinta Nina pianse per la prima volta nella sua vita.


Dal museo archeo-ideologico: un battello di Pompeo Mariani (con una canzone di Toquinho)

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Pompeo Mariani, Battello al largo, tecnica mista su carta  9,2x14,2 cm. (acquarello e matita), [ca. 1922]

E' solo una cartolina, una delle tante che Pompeo Mariani dipingeva dalla Specola, la sua casa a Bordighera. All'acquarello negli anni Venti, gli ultimi della sua vita.
Perché le avanguardie c'erano già, inaugurate da Marinetti e il futurismo, ma lui continuava a dipingere  il vero "nel modo più fedele" e rimane il più grande pittore di marine al mondo.
Si era definitivamente trasferito a Bordighera tra il 1908 e il 1910, girava tra San Remo e Montecarlo e i suoi quadri sono pieni di donne eleganti e signori al bar, passeggiate, sale da gioco. Alla fine però l'immagine che domina è quella del mare. Liguria terra impareggiabile.
 
La comprammo insieme mio fratello Bruno e io, ad Angelo Enrico, il figlio di Franco, quelli delle Gallerie Enrico, fra i migliori mercanti di pittori ottocenteschi. Era il 1996, l'anno della mostra delle «Opere dallo studio di Bordighera» organizzata dagli Enrico nella galleria che avevano a Milano in via Manzoni.


Angelo era un ragazzo di vent'anni o giù di lì ma reggeva il confronto con i più raffinati e smaliziati mercanti. Sveglio svelto intelligente agile brillante. Comprammo il piccolo dipinto con la sua cornice - che stava al n. 237 del catalogo della mostra - in cambio di libri di documentazione sulla pittura dell'Ottocento. Dura da allora la nostra amicizia anche se raramente ci incontriamo.
Poi il piccolo dipinto rimase definitivamente a me.

Pompeo Mariani, Autoritratto
Nel mio museo archeo-ideologico questo acquarello è il mondo di ieri, di tutti gli ieri che svaporano e diventano niente. Il piroscafo si allontana mentre lontano sullo sfondo appare la forma come di un veliero: il presente e il futuro vanno verso il passato. Era il mare che Pompeo Mariani guardava ogni giorno dalla Specola, il suo mondo che andava a finire e che lui andava ogni giorno trasfigurando sempre di più, più fedele che mai al vero.
 
E mentre con l'età si avvicina la fine del mio tempo la dolcezza di vivere si fa più saporosa. Mi stringo a queste piccole cose dimenticate mentre le bambine strillano felici. Eccome se contano le immagini e le parole. Così tutti i giorni sulla parete di casa in un mare formato cartolina si allontana il battello di Pompeo Mariani.




EROTICA FUTURISTA 23: Scatole d'amore in conserva

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F.T. Marinetti
Scatole d'amore in conserva
Illustrazioni di Pannaggi. Copertina e fregi di Carlo A. Petrucci

Roma, Edizioni d'Arte Fauno, 1927 [luglio]
Sovraccopertina illustrata a colori di Piero Bernardini
Copertina illustrata al tratto e fregi di Carlo A. Petrucci
10 illustrazioni originali al tratto di Ivo Pannaggi
1 autoritratto grafico di F.T. Marinetti
Per uno che i soldi li spendeva tutti comprando opere di giovani sconosciuti e finanziando iniziative incomprensibili per le mummie della cultura ufficiale, era indispensabile riciclare. Così Scatole d'amore in conserva, lo dice già il titolo, raccoglie cose già pubblicate, a parte un racconto e l'ultima parte dell'Autobiografia. Questo testo era già stato pubblicato nel 1920 ne Il delizioso pericolo e poi nel 1925 per la rivista Novella, sotto il titolo che lo definiva Caffeina d'Europa:

A che pro presentarmi al pubblico? – Diranno i miei amici… Marinetti è presentato a tutti i pubblici d’Europa, che lo conoscono perfettamente in tutti i suoi svariati atteggiamenti, sorprendenti, spavaldi, temerari, ma sempre sinceri... Ringrazio le forze che presiedettero alla mia nascita e alla mia adolescenza, perché mi hanno, fino ad oggi, evitata una delle peggiori disgrazie che possano capitare: la Monotonia. Ebbi una vita tumultuosa, stramba, colorata. Cominciai in rosa e nero; pupo fiorente e sano fra le braccia e le mammelle color carbone coke della mia nutrice sudanese. Ciò spiega forse la mia concezione un po’ negra dell’amore e la mia franca antipatia per le politiche e le diplomazie al lattemiele”. (F.T. Marinetti, Scatole d’amore in conserva, Roma, Edizioni d’Arte Fauno, 1927; p. 8).

I racconti che seguono hanno in comune un certo disprezzo, appunto, per le complicazioni, e l'ironia corrode insieme alle abitudini del bel mondo i moralismi di ogni risma.
Una donna si fa sedurre da un uomo di colore e poi lo fa linciare; torna il lieto ricordo di tre amanti tedesche, ognuna con la sua specifica sensualità; un uomo vorrebbe comprarsi i favori della più bella donna d'Oriente, scoppia una rissa nello scompartimento di un treno, una allegra brigata di monaci si dedica a orge gastronomiche; in un albergo superattrezzato la bella gente di tutto il mondo va a contemplare beata scene di vera guerra, ben più avvincenti degli incontri di Rollerball.
F.T. Marinetti, Scatole d'amore in conserva, Roma, Edizioni d'Arte Fauno, 1927
Disegno di Ivo Pannaggi

Immagine pubblicata dal Mart di Rovereto

La provocazione di Marinetti è all'insegna del tradizionalismo:

"Mi divertii due notti. Poi dissi ancora una volta: basta! E fui senza dubbio giudicato un uomo troppo semplice e brutale in amore, che non comprendeva le complicazioni".
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F.T. Marinetti, Scatole d'amore in conserva
Roma, Edizioni d'Arte Fauno, 1927
Autoritratto di F.T. Marinetti
A questa semplicità corrisponde la perfetta rappresentazione del suo amore per la moglie Benedetta, nella tavola parolibera che si trova nel libro, un'equazione in cui la somma di Marinetti e Benedetta dà come prodotto Vittoria, la prima figlia nata il 28 giugno 1927: come si può dichiarare il senso di un autentico amore se non in questa sintesi? L'amore non è soltanto fare figli ma certamente i figli sono la realtà sensuale dell'amore, vicina al mistero della vita e della morte.
Il figlio nasce dall'amore e da nient'altro di deciso mai: "domani faccio un figlio", "ho tanta voglia di diventare mamma", queste sono cazzate mostruose per cui i figli nascono giocattoli.
Io preferisco l'equazione secca e sintetica di Marinetti, che lui intitola Autoritratto, significando con questo che Marinetti non era più Filippo Tommaso e basta ma Benedetta e Vittoria insieme, che lui non poteva più nemmeno immaginare la propria immagine divisa da quella della moglie e delle figlie (perché poi arriveranno anche Ala e Luce).

F.T. Marinetti, Scatole d'amore in conserva
Roma, Edizioni d'Arte Fauno, 1927
Copertina di Carlo Petrucci

Immagine pubblicata dal Mart di Rovereto
Ma per venire alle questioni bibliofile: il libro è cercato con la sua sovraccopertina perché è la prima icona pop nella storia dell'arte, anticipando Andy Warhol di 35 anni. La bella scatola a colori sgargianti sta lì e potrebbe essere stata concepita negli anni Sessanta, con l'esplodere della Pop Art. Ma chi è l'autore?
Pochissimi lo sanno.
C'è chi ha detto Ivo Pannaggi, e io fra quelli. No, Pannaggi è l'autore dei disegni (esclusa la tavola parolibera che è di Marinetti).

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C'è chi affidandosi alla dichiarazione al frontespizio ha detto Carlo Petrucci, e questa è una ingenuità. Petrucci, ultratradizionalista, è l'autore della copertina (quella che è uguale in tutti i volumi della collana, col fauno al centro su fondo beige) non della sovraccopertina.
Dunque chi è il creatore di questa immagine? Non un pirla qualsiasi: è il fiorentino Piero Bernardini, uno dei più importanti illustratori italiani, autore fra l'altro del logo stilizzato del Fauno Giallo che intitola la collana e si vede in copertina in alto a sinistra.

Per la delizia degli eruditi non resta che l'indice:

1. Autoritratto, versione definitiva dell'Autobiografia già apparsa ne Il delizioso pericolo (1920), e con il titolo Caffeina d'Europa in NOVELLA, Anno VII n. 1, gennaio 1925.
2. Consigli a una signora scettica, già pubblicato con varianti ne Gli amori futuristi, 1922 col titolo Il negro.
3. Cuori complicati, brano autobiografico tratto da Come si seducono le donne, 1917.
4. Cacce arabe, già pubblicato ne Il delizioso pericolo col titolo Un ruffiano arabo.
5. Matrimonio ad aria compressa, già pubblicato con varianti ne Gli amori futuristi col titolo L'uva matura.
6. Una favolosa indigestione, brano tratto da Le roi Bombance, 1905
7. Grande albergo del pericolo, inedito.
F.T. Marinetti, Scatole d'amore in conserva, Roma, Edizioni d'Arte Fauno, 1927
Disegno di Ivo Pannaggi

Immagine pubblicata dal Mart di Rovereto

EROTICA FUTURISTA 24: Terrore-amore senza fine

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Mario Sironi, testatina per il racconto di F.T. Marinetti, Terrore-amore senza fine
in LA RIVISTA ILLUSTRATA DEL POPOLO D'ITALIA, Anno VI n. 12, Milano, dicembre 1927

Come sollecitare una sensibilità ormai anestetizzata da ogni genere di comodità e di vizio? La risposta di Marinetti è semplice e diretta nel racconto Terrore-amore senza finepubblicato su LA RIVISTA ILLUSTRATA DEL POPOLO D’ITALIA Anno VI n. 12 (Milano, dicembre 1927) che rielabora un testo precedentemente apparso.


Mario Sironi
copertina per LA RIVISTA ILLUSTRATA DEL POPOLO D'ITALIA
Anno VI n. 12, Milano, dicembre 1927
La testatina del titolo e le due immagini che lo accompagnano, oltre alla copertina del fascicolo, sono di Mario Sironi, un sardo trapiantato a Roma che andava a scuola da Giacomo Balla, ed era amico di Severini e Boccioni, che era stato in guerra da volontario con gli altri amici futuristi e nel 1920 aveva sottoscritto il manifesto Contro tutti i ritorni in pittura. Poi però lui ritornò, nel 1922 col gruppo di pittori del Novecento, sotto l'ala protettrice di Margherita Sarfatti, e la sua figurazione che non cadeva nell'estremismo futurista avanguardista non dispiacque al regime. Ma tornando a Marinetti:

Ecco, simpatica amica, un programma di notte interessante che offro ai vostri nervi annoiati. Perché possiate realizzarlo, vi consiglio un annuncio nei giornali. Avete una matita? Lo compiliamo subito: «Giovane donna, bellissima e ricca, disillusa sull’amore, è disposta a sposare l’uomo che saprà assalirla nella sua villa solitaria, facendo provare ai suoi nervi coraggiosissimi lo spasimo del terrore». (...) Piantate nel vostro giardino un centinaio di bombe, in modo che i loro percussori affiorino, pronti”.

Oh insomma, va bene la stranezza ma quando si tratta della pellaccia la cosa cambia aspetto. Il sadomaso va bene fino a che resta un gioco, se va oltre si penetra in un cosmo che pochi da Sade a Bataille e Artaud hanno avuto il coraggio di esplorare. Ma alla fine la bella signora si lascia convincere, tanto che le costa? Non è mica lei a rischiare.
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Mario Sironi
illustrazione  per il racconto di F.T. Marinetti, Terrore-amore senza fine
La novella continua e uno spasimante si fa avanti. Solo che questo tipaccio, sordido e inquietante come lo disegna Sironi, dopo aver superato la prova rischiando del suo non si limita a entrare in casa e a consumare il premio serenamente nel letto, ha in mente qualcosa di ben più elettrizzante: vorrebbe accoppiarsi con lei nel giardino incurante delle bombe.
Ne segue un dialogo in cui lei disperata cerca di persuaderlo - ma in fondo la tenta questa cosa come se lui con la sua determinazione toccasse qualcosa che in lei stava come chiuso e inesplorato.

Conclusione:

Amanti graziosi, vi lascio. Poiché tutto, ora dipende da voi e dal vostro ardore, che spero non vorrete vigliaccamente frenare. Anzi, esasperatelo! (senza fine)”.

Possiamo disputare in eterno se Marinetti volesse o no ironizzare ma la morbida rivoltella che fa da finalino non toglie che amore sia sempre mettere in gioco la vita, pagare il massimo all'asta più o meno truccata dell'esistenza.

Mario Sironi
illustrazione  per il racconto di F.T. Marinetti, Terrore-amore senza fine


Design del libro e storia dell'industria

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Dal 7 al 9 marzo saremo a Milano, a Palazzo della Borsa in Piazza Affari per la mostra dei Libri antichi e rari. Presenteremo una scelta di opuscoli pubblicitari italiani insieme a libri e documenti dell'avanguardia storica dal futurismo all'arte concettuale insieme all'ultimo catalogo:Design del libro e storia dell'industria. Opuscoli e frammenti pubblicitari italiani 1900 - 1960 scaricabile on line.

Questo catalogo descrive e illustra opuscoli, libri e frammenti della pubblicità in Italia fra il 1900 e il 1960, ordinati cronologicamente per data di pubblicazione, mettendo in evidenza i nomi dei grafici e quello delle aziende. Separatamente dalle schede ci sono brevi testi di approfondimento tratti dalla rete internet ed elaborati confrontandoli coi documenti.

Il problema della schedatura di questo materiale è che gli opuscoli pubblicitari raramente sono datati, e ancora più raramente fanno menzione dei loro creatori, grafici e agenzie a cui furono commissionati.
Nati quasi sempre per un obiettivo immediato, presentare o vendere un prodotto, la loro esistenza è effimera («ephemera» sono spesso definiti sul mercato librario), il loro destino era ed è il cestino della spazzatura. Esaurita la missione dell’esser veduti e consultati non trovano posto in libreria. Forse per questo non ci si dava pena di mettere una data né il nome dell’artista, perché non era arte da prendersi sul serio quella pubblicitaria, solo i professionisti e quei pazzi dei futuristi lo potevano pensare.
Eppure questi effimeri opuscoli a volte sorprendono tanto sono belli e comunicativi, tanto possono evocare invenzioni, drammi, imprese memorabili: veri propri fossili dell’età industriale.
Da questa suggestione è iniziato un lungo lavoro di ricerca, raccolta e confronto di informazioni che prima del 1995, anno primo di internet in Italia, non sarebbe stato impossibile anche solo immaginare.

Ne è venuta fuori una sequenza di immagini, storie e parole che ciascuno può leggere a suo modo ma dà un’idea di quanto ancora ci sia di inesplorato. Si comincia con una bella immagine e si prosegue col voler sapere tutto, com’è nata e che fine ha fatto quell’azienda, quell’agenzia, quella storia. E fra le infinite storie che abbiamo incontrato in questo percorso ce ne sono di terribili, come quella dell’ACNA.


Uno dei libri più belli in catalogo è una monografia edita dall’ACNA che si descrive, nel 1940. La grafica è affidata a Enrico Bona che riempie gli spazi bianchi con linee sottili, rette o curve, e fotomontaggi, una eleganza che lascia senza fiato, composizioni che trasudano intelligenza. Possibile che una cosa così bella possa servire a nascondere la verità? Quella di una azienda che protetta dalle alte sfere dello Stato attuava sistematicamente un disastro ambientale - e ancora oggi è difficile definirne le proporzioni.
Poi però c’è la storia di Ettore Riccardi, quello che ha inventato il Pane degli Angeli, un lievito che più di così non si può. Uno che diciottenne, alla fine degli anni Venti, molla mamma e papà  e mette su una drogheria, si sposa e se ne va a Genova, impianta un laboratorio e nel 1941 un bombardamento lo spazza via. Gli resta solo una macchina da scrivere, però ha una moglie e una figlia che gli vogliono bene e si rimboccano le maniche disposte a tutti i sacrifici. Lui di giorno si adatta a qualunque lavoro ma la notte si dedica al suo lievito e nel dopoguerra arriva a mettere in piedi uno stabilimento, e oggi l’azienda c’è ancora. Ecco, questa bella storia non la trovi in un libro raffinato come quello dell’ACNA, ma la puoi solo intuire da un ricettario di colore celeste con tanto di decori, poesiola, stelline e angioletti, in cui Ettore Riccardi suggerisce come impiegare il suo prodotto.


Oppure c’è la Città Sociale che la Marzotto non si limita a teorizzare ma la realizza a Valdagno con la sua bella scuola, l’ospedale, le case per i lavoratori. E non solo per la sopravvivenza: c’è anche l’albergo per la vacanza e il Dopolavoro, ci sono giardini, perché cosa lavori a fare se poi non sei felice? E c’è Abramo Giacobbe Isaia Levi, un genio degli affari che sapeva far soldi qualunque cosa toccasse, e diventa senatore: quando arrivano le infami leggi razziali lui usa i suoi soldi, si fa cristiano e fa in modo di essere riconosciuto come ariano. Alla fine lascerà una parte ingente del suo patrimonio alla Chiesa Cattolica.

Se poi qualcosa mostra questo catalogo è una evoluzione forse inevitabile ma non meno sconcertante. Una evoluzione in cui l’immagine va facendosi sempre più aderente al prodotto, sempre più intelligente, se così si può dire, e consapevole del proprio passato. D’altra parte le aziende sorte dall’iniziativa degli uomini e delle donne diminuiscono e lasciano via via il posto a grandi gruppi senza memoria in cui sono conservati i marchi ma dove non è più possibile seguire le tracce delle persone. Nel grande gruppo multinazionale ultraprestigioso non c’è più niente di significativo per noi, è la notte in cui tutte le vacche sono nere e i gatti son bigi.
In alternativa all’oscuramento e alla dimenticanza restano questi pieghevoli, locandine, opuscoli, volantini: non buttiamoli più via.




EROTICA FUTURISTA 25: Amori immaginisti di Dino Terra

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Dino Terra
Riflessi. Dramma di uno
Roma, Edizioni della Ruota Dentata - Movimento Immaginista
Esemplare con la fascetta editoriale firmata da Marinetti
1927
Si chiamano Dino Terra, Vinicio Paladini, Umberto Barbaro, Antonio Fornari, Elena Ferrari, Ivo Pannaggi, Aldo Ronco fra gli altri. Sono comunisti, anarchici o socialisti (a Roma, nel 1927), stanno a mezzo fra Dada e Futurismo, sono italiani che guardano alle avanguardie internazionali. Fanno un giornale, «La Ruota Dentata», che dura un solo numero e girano intorno al Teatro degli Indipendenti di Bragaglia, Anton Giulio che rimproverava al regime di mostrarsi rivoluzionario in tutto meno che a teatro. E' una stagione breve finché durano i soldi che ci mette Terra, gli spettacoli commissionati da Bragaglia, qualche finanziamento forse dall'ambasciata russa a Roma - tramite l'ambasciatrice Elena Ferrari - e qualche altra risorsa trovata chi sa come.

In questo clima Dino Terra scriveRiflessi, mettendoci ogni provocazione possibile al linguaggio e alla morale convenzionali:

Poi, mentre ella riposava resupina, aveva cominciato ad assaporarla come se fosse stata un’ingenua monachetta, lui tramutatosi in esperta badessa. E per completare le sensazioni di questa finzione monastica, vi mescolò un po’ di sentimento mistico: un piacere raffinato e grazioso. - Però strano, la sua carezzevole mano, scivolando sotto le mammelle sentì le costole. Costole: ossa: scheletro: morte. E fu travolto in una piccola vertigine popolata da orrendevolezze. Ma riuscì a liberarsene subito. - Il sangue gli si agitava rabbioso per quella sciocchezza senza senso; «che c’entravano quei pensieri spaventosi cretini villani?». Roba su cui lui ci pisciava sopra. - Apprezzò la serena e buona giornata, ammirò la ragazza, apprezzò la terra che respirava profumatamente nella languidezza primaverile. - I succosi aranci e l’umida bocca della giovine” (da Riflessi. Dramma di uno, Roma, La Ruota Dentata - Movimento Immaginista, 1927; pag. 8).
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Dino Terra, L'amico dell'angelo
Roma, La Ruota Dentata, 1927
Copertina di Vinicio Paladini
E che non fosse uno scherzo di gioventù è dimostrato dal fatto che l'autore rielaborerà il testo molti anni dopo, sul finire degli anni Settanta, dando luogo all'ultima sua pubblicazione in vita: Un uomo e l'inferno. Romanzesco viaggio nel proibito (1981).

Il sacro sta alla base di molte deliziose fantasie e in Terra è un condimento essenziale,
visto che nello stesso anno, sempre per le autofinanziate edizioni della Ruota Dentata, pubblica L’amico dell’angelo(Roma, La Ruota Dentata - Movimento Immaginista, 1927), dove la morale è rinversata: un angelo distoglie il protagonista dall’amore terreno promettendogli delizie divine, e il protagonista si accorge troppo tardi di quanto fosse più onesto il diavolo. Da notare il fotomontaggio in copertina di Vinicio Paladini tra surrealismo e costruzionismo più vari altri "ismi" in felice sintesi.

Per non dire di Ioni, pubblicato due anni dopo.
Sulla copertina firmata anche questa da Vinicio Paladini, compare la scritta esplicativa: “Qualche tempo di due umani e di un demone – Storia con avvenimenti rari, normali, curiosi e straordinari – Più delle considerazioni e altre cose interessanti”.


Dino Terra, Ioni, Milano, Alpes, 1929
Copertina di Vinicio Paladini
Anche Marinetti esprime apprezzamenti entusiasti:

"Questa collocazione plastica delle parole, questo esprimersi per coordinate, questo isolamento della parola arricchita di tutto il suo senso elementare, questo veloce stile dinamico e simultaneo costituiscono l'originalità sorprendente del romanzo Ioni, storia palpitante di un grande amore violento e carnalissimo, lacerata e lacerante lotta tra due anime che si cercano malgrado le più torbide ostilità-attrazioni dei sessi" (V. Cappelli, in Godoli 2001: vol. II pag. 1072)

Dino Terra e gli immaginisti suoi amici sarebbero rimasti fra le carte e nella memoria di pochissimi studiosi se non fosse esistito un libriccino tanto piccolo quanto indispensabile di Giuseppe Casetti,
Movimento Immaginista a Roma nel V anno del R.F., Edizioni Stampa Alternativa, Roma 1990. Casetti (chi sa perché "Cristiano" per gli amici) aveva trovato quel che restava dell'archivio di Vinicio Paladini, studiò il materiale e organizzò una piccola mostra con mezzi propri. L'immaginismo in Italia nessuno fino a quel momento se l'era immaginato. Casetti era un libraio mica un professore. Erotica futurista pure questa.

Dino Terra

EROTICA FUTURISTA 26: Venere sul Capricorno

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Ruggero Vasari, Venere sul Capricorno
Napoli, Casella, 1928
Per Marinetti, Corra, Terra e la gran parte dei futuristi, il sesso non è una cosa poi così complicata. La lotta senza tregua fra maschile e femminile trova la sua felice conclusione nel piacere e l'unico ostacolo da superare sono i pregiudizi e le convenzioni sociali. Al contrario Ruggero Vasari ne indaga l'aspetto oscuro, tutta l'inquietudine delle perversioni e degli eccessi: il sesso è un'esperienza dolorosa, tormentata da desideri contrastanti e fantasie innominabili da cui si dipende come da una droga.
La stessa ambivalenza si presenta nell'idea della macchina, esaltata e insieme aborrita come potere di dominio sulla natura. Non è un caso che fra L'angoscia delle macchine (1925) e Raun (1932, vedi anche in questo blog: Le macchine morte di Raun), ci siano le poesie di Venere sul Capricorno (1928), dove Vasari mette in scena i suoi fantasmi. Perché poi in fondo a tutto c'è il rapporto con la femminilità, percepita come istinto e potenza della natura da dominare e controllare.


Ma chi domina e chi è sottomesso? Il maschio algido o la cavalla di fuoco? Il masochista è vittima o non piuttosto il padrone? La masturbazione è un emblema della dipendenza, sadismo e violenza sforzi di liberarsi dal desiderio; sodomia, incesto, antropofagia modi di appropriarsi dell'altro, inani tentativi di emanciparsi dalla voluttà d'essere sottomessi nostro malgrado. Chi è femmina e chi è maschio?

Locandina pubblicitaria di Venere sul Capricorno di Ruggero Vasari (1928)

Leipzigerstrasse, composizione tratta da:
Ruggero Vasari, Venere sul Capricorno
Napoli, Casella, 1928
Venere sul Capricorno, viene pubblicato dal napoletano Casella nel 1928 ma la stampa avviene in una tipografia tedesca e ne esistono due versioni identiche in tutto tranne che per il fondo della copertina, una con fondo beige, l'altra con fondo nero. Ne ho trovata una recensione nella rivista catanese FONDACO, Anno I n. 1 del maggio 1928.

Poesie dedicate a "Bubi gatta bionda", futuriste che più non si potrebbe, improntate come sono al simultaneismo e senza lettere maiuscole, dove rimangono incrostazioni romantiche e decadenti perché da lì e non dal regno dei cieli venivano le avanguardie giovanili nate in provincia fuori dalle metropoli.

Poesie che mai lascerebbero trasparire la loro natura sciagurata e il segreto di ogni istanza non risolta se non fosse per una composizione che non accenna né al sesso né a una ossessione ed è la più sensuale, dedicata all'amico più caro:

amico, dagli occhi di fanciullo,
ti vedo ancora al pianoforte
col pallido viso trasfigurato
mentre le tue magiche dita
scatenavano dal caos
le creature mie
che avevi tanto amato...

nella miseria della tua soffitta
nelle notti di solitudine e di gelo
urlavano le sirene del tuo genio
in grovigli di ritmi esasperati...

ora che le tue mani
sono irrigidite sui tasti
prendo, o fratello, le pagine
che una volta mi donasti
e le terrò strette sul mio cuore
finché i miei occhi non avranno più lagrime.

fratello, tu non sei morto
è morto il mio cuore.

L'amico si chiamava Silvio Mix, che aveva musicato  L'angoscia delle macchine ed era morto qualche giorno prima di questi versi composti il 5 febbraio 1927.

Ritratto di Ruggero Vasari di Alexander Yevgenevich Jakovleff
1924




Futurismo arte-vita in fiume dannunziana

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"Ariel a Fiume mentre parla ai legionari", Fiume, 1920
Fotografia di Filippo Masoero
Al retro di questa fotocartolina che reca impresso il timbro della
"Legione fotografica" del Comando della Città di Fiume, è scritto
da mano anonima il titolo.
Ariel spirito dell'aria nella favola misteriosa della Tempesta di Shakespeare:
 questa l'atmosfera in cui visse Fiume fra il 1919 e il 1920
Ho messo insieme questo materiale in occasione di un incontro con gli studenti della scuola media di Cellatica (Brescia). Un dialogo difficile un po' perché non sapevano nulla di questa storia e un po' perché i ragazzi vanno abituandosi a lasciare agli adulti tutte le ragioni: quello che i ragazzi amano, quello in cui sperano, le preferenze nel vestire, la musica, internet facebook, tutto è talmente lontano e inconciliabile.

Di Fiume li colpiva molto di più l'opposizione all'ingiustizia che non la fantasia al potere. Mi sono sembrati indifesi nella trappola spaventosa che riduce il mondo a dicotomie - giusto/ingiusto, buono/ cattivo, pace/guerra ecc. Nei loro occhi, le rare volte in cui ho incontrato uno sguardo, ho visto una grande timidezza e una grande rassegnazione. La poesia non esiste. Non credono che una vita possa essere diversa dalle tante che già conoscono attraverso l'esperienza personale, i film e le canzoni, dove adesione e protesta sono facce opposte della stessa subcultura.
Non ci credono che si possa fare della propria vita un'opera d'arte, che ogni uomo sia un artista, che la verità non sia il risultato matematico dei fatti ma una storia da costruire insieme, di cui ciascuno è responsabile. E del resto chi glielo ha mai insegnato? Si arrangeranno, troveranno un modo per vivere, e lo faranno senza maestri perché maestri qui non ce ne sono quasi più.


F.T. Marinetti, Al di là del Comunismo, Milano, Edizioni de La testa di Ferro
1920
Però Laura dietro i suoi occhiali aveva capito tutto. Perché lei, così dolce lo sapeva cosa vuol dire essere in trappola e non volerci restare, con tutta l'intelligenza e la passione. La trappola di una malattia irreversibile che a poco a poco ti toglie tutto fino a cancellarti. Come fare a strappare la gioia a ogni giorno? Lei lo sapeva, e quei ragazzi che poco capivano di Fiume, lei la capivano eccome, e la amavano. E poi Alessandro voleva sapere che fine avessero fatto serbi e croati, se era tutto oro quel che luceva, e mi accorgevo del fermento delle sue idee, ma come di là da un vetro, gli mancavano le parole. E poi la ragazza senza nome che aveva riempito un quaderno di appunti e me lo mostrava, con uno sguardo serio e fiero. Ma come mai, le chiedevo, non era intervenuta durante l'incontro? - "Perché io riesco a esprimermi solo scrivendo". Ragazza meravigliosa e sconosciuta anche ai suoi professori. Avevo chiesto il suo nome, dicendo che amava molto scrivere e a loro non era venuto alla mente nessuno. Ragazza misteriosa e sola che mi fa riflettere sulla prospettiva che inchioda me al passato e lei al futuro: prospettiva che frequentemente rimane in superficie, a cui sfugge il senso e la portata della mutazione.

Forse questa storia fiumana ha lasciato in loro e in me una traccia più viva di quanto non mi sia accorto.


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EROTICA FUTURISTA 27: Per le mie donne

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Nelson Morpurgo, Per le mie donne – Pour Mes Femmes
Le Caire, Aux Editions de la Semaine Egyptienne, 1932
Copertina di Baby Zanobetti
Nelson Morpurgo avvocato ebreo aveva studio al Cairo insieme al padre, e aveva fondato negli anni Venti la sezione egiziana del Movimento Futurista.
Il Cairo tra gli anni Venti e Trenta fu una delle capitali della cultura d'avanguardia e Morpurgo uno degli animatori  più impegnati, organizzando convegni artistici e letterari, conferenze, concerti, rappresentazioni teatrali, oltre a dar vita a varie riviste.

Nel 1939 all'indomani dell'emanazione delle leggi razziali se ne andrà definitivamente dall'Italia dopo un ultimo colloquio con l'amico Marinetti a Roma: negli anni Settanta pubblicherà un resoconto di quell'incontro. Un incontro in cui Marinetti forse per la prima volta era rimasto senza parole, inchiodato alla propria coerenza: da una parte l'adesione al fascismo dall'altra la percezione di una infamia senza precedenti. In quell'addio si percepisce l'angoscia e l'impotenza dinanzi all'orrore della storia, nessun universo da ricostruire e rallegrare, nessun futuro.


Movimento Futurista Egiziano: etichetta postale con intestazione per spedizione di pacchi e plichi (1925 ca.)

Volantino di sottoscrizione per il libro di Morpurgo Per le mie donne, 1932
Ma tornando ai primi anni Trenta:  nel 1932 Morpurgo pubblica la raccolta di liriche Per le mie donne (Le Caire, Aux Editions de la semaine Egyptienne, 1932), libro che riassume il vivace clima intellettuale del Cairo, la cui pubblicazione viene annunciata con un volantino di sottoscrizione che reca il titolo Alle mie donne...
La copertina e il retro sono di Baby Zanobetti (illustratore sconosciuto in Europa), due disegni in assoluto contrasto fra loro, il primo di gusto deco e il secondo improntato a un certo realismo. Questo secondo disegno verrà riprodotto su un segnalibro/cartolina postale edito per pubblicizzare il libro. All'interno, a commento di alcuni versi, ci sono sei illustrazioni di Renzo da Forno, altro artista poco noto, militante del Movimento Futurista Egiziano: sono disegni di gran gusto che mescolano astrattismo, futurismo, surrealismo. La fascetta editoriale riporta un complimento entusiasta su Morpurgo di Marinetti. Il testo è in italiano con traduzione francese a fronte di Jean Moscatelli, surrealista che fa parte del gruppo di poeti egiziani e di ogni parte del mondo che si trovano al Cairo. Di questi poeti Morpurgo curerà una antologia.


Segnalibro/cartolina, 1932
Disegno di Baby Zanobetti
Esistono due tirature coeve che differiscono per la copertina: una con il  titolo in lingua italiana, l'altra in francese.
Le poesie sono ispirate all'atmosfera esotica e sensuale dell'Egitto, parole in libertà che si dispongono sulla pagina senza schemi preordinati, dove bene e male, dolore e gioia, soldi e umanità sono indistricabili:

"C'è una donna, all'angolo della via, che sente il mio arrivo, e mi tende la mano quando passo. Il mio cuore di sangue non mi consente l'elemosina e io passo. E ogni giorno ella mi chiede l'elemosina; e ogni giorno io passo e non do (...). So che forse ho torto di agire come agisco ma so che è perfettamente umano. Ed ella lo sa, perché seguita imperturbabile la persecuzione delle sue richieste mendicanti. Ed io le voglio bene. E se un giorno dovesse smettere di chiedere la moneta che non le do, io la pregherei di continuare; le offrirei anche della moneta una volta tanto perché accettasse il mio continuo rifiuto" (pag. 85).

Ma l'Egitto e il suo fascino, come lo racconterà nel suo libro Marinetti un anno dopo, sono già tutti nella copertina e nei disegni degli artisti sconosciuti Zanobetti e Da Forno.

Dormire. Disegno di Renzo Da Forno
tavola fuori testo per il libro:
Nelson Morpurgo, Per le mie donne – Pour Mes Femmes
Le Caire, Aux Editions de la Semaine Egyptienne, 1932

EROTICA FUTURISTA 28: A coppie e soli

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Diotima, A coppie e soli, Milano, Ceschina, 1935
Nel 1934, ma con la data 1935, viene pubblicato A coppie e soli, (Milano, Casa Editrice Ceschina, 1935). L’autrice, con il nome d’arte di Diotima, aveva fatto parte del Movimento Immaginista romano ed era Amelia della Pergola, Meletta, prima moglie di Massimo Bontempelli.
Si erano sposati nel 1909 e nel 1911 la loro bambina era morta in fasce. Poi verrà un figlio, a cui il padre dedicherà nel 1922 il racconto metafisico La scacchiera davanti allo specchio, ma nel 1927 Bontempelli incontrerà Paola Masino.
La copertina è di Corrado Cagli, che di Bontempelli era nipote, uno dei primi a rivendicare i muri ai pittori (in un suo articolo polemico del 1933): nel 1938 dovrà lasciare l'Italia per gli Stati Uniti a causa delle leggi razziali.

Il romanzo è di una sconcertante lucidità e anticipa uno dei temi fondamentali del femminismo degli anni Settanta, quando si farà deciso da parte delle donne il rifiuto di ogni ruolo imposto:

Che cos’era una donna allora? Qualcuno (...) aveva diviso le donne in due grandi gruppi: da una parte la madre (...) dall’altra la prostituta. Era dare alla donna un posto in sottordine, metterla di fronte al maschio in piena condizione d’inferiorità. La donna non poteva essere che per il figlio o per l’amante. Per questo la donna - la madre - era sempre rimasta la creatura sacrificata e solitaria, quando, i figli cresciuti, s’era ritrovata la casa vuota. Allora, senza alcuna ragione imperativa, per forza d’inerzia per incapacità, aveva continuato a vivere delle briciole che i figli ormai lontani, proiettati nel mondo, avevano voluto gettarle. E la figura della Madre era divenuta quella stessa della rassegnazione e della rinuncia, triste figura umiliata di dolce vittima, e in quella solitudine le occorreva uno sforzo generoso rinnovato ogni ora, per non inaridirsi” (pag. 212).

Erotica è anche ogni emancipazione, ogni apertura all'intelligenza, la cura per quel che è fragile e gentile, per quel che ancora non si capisce, la comprensione, l'accoglienza. C'è qualcosa di buono e di bello che non sia erotico?


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